di Marina Corradi
Milano - Prof. André Glucksmann, in quest'Europa pacifista lei nelle sue interviste e nelle sue prese di posizione va controcorrente e sostiene che i nuovi pacifisti non vorrebbero tanto la pace quanto che li si lasci vivere in pace. Dunque, sarebbe una forma di inconsapevole egoismo collettivo a riempire le piazze?
Oggi direi che si tratta addirittura di un accecamento collettivo. Che vuol dire esser contro questa guerra, quando la gente di Baghdad ha festeggiato la liberazione ad opera degli angloamericani? Contro chi marciano i pacifisti, contro gli iracheni? A chi poi si stupisce e si indigna del caos e delle violenze di queste ore, vorrei domandare se non ricorda ciò che accadde in Italia nei giorni della liberazione. C'è oggi una mancanza di memoria storica o al che rasenta l'analfabetismo. Quanto al discorso dell'egoismo, io ho detto che scorgevo dell'ipocrisia in chi manifestava contro questa guerra e senza aver mai detto una parola in dieci anni sulla campagna di sterminio praticata dai russi in Cecenia. Mi domando come si può dire di essere "contro la guerra" e accettare in silenzio un conflitto che il museo dell'Olocausto di Washington, non certo sospettabile di filoislamismo, qualifica alla soglia d'allerta al genocidio. Come si può essere "contro la guerra" e stare a guardare in silenzio lo sterminio di un popolo lasciato nella solitudine più totale? A fronte di questi silenzi, mi è parso illuminante uno slogan dei pacifisti inglesi: "Non fate la guerra, fatevi un thè". Illuminante nella sua semplicità inconsapevole: il problema non sarebbe la pace nel mondo, ma la propria quiete, è continuare a farsi il thè. Starsene tranquilli, senza preoccuparsi di quanto accade altrove.
Mai più la guerra, ha detto il Papa, ma ha detto anche, nello stesso discorso, che sa bene che non sempre è possibile la pace ad ogni costo; e che non c'è pace senza conversione del cuore. La pace del Papa e quella dei cortei le sembrano diverse?
Si, ma confesso che questa distinzione mi sarebbe stata più chiara se il Papa avesse pubblicamente invitato Saddam a abbandonare il potere. E se avesse detto pubblicamente pure a Tareq Aziz, che è cristiano, che avere sette bagni con i rubinetti d'oro è un oltraggio alla miseria del Paese che lo circonda.
In realtà non sappiamo ciò che il Papa dice ai suoi interlocutori. Lei però ha aggiunto che l'occidentale di oggi vive come il Pangloss del "Candide" di Voltaire, convinto di trovarsi nel migliore dei mondi possibili, che il Male è una cosa poco importante e facilmente eliminabile. Cos'ha fatto Pangloss dopo l'11 settembre?
L'11 settembre è stato un terremoto che ha sconvolto i Pangloss nostri contemporanei. Di fronte a una realtà tragica ci sono due possibilità: si può tenerne conto e affrontarla, cercando di ridurre la crudeltà del mondo e la brutalità degli uomini, magari anche facendo la guerra a quei guerrieri che non vogliono intendere ragioni. La seconda scelta, quella dei Pangloss, è di chiudere gli occhi, fare come se la realtà non esistesse, come se non ci fosse il terrorismo internazionale, come se chi parla di terrorismo fosse un malato mentale. L' interpretazione dei pacifisti è che l'11 settembre sia una "malattia" degli Stati Uniti. O nel senso che gli americani hanno creato la loro malattia, oppure che sbagliano nel valutarne la gravità, e ne sono eccessivamente ossessionati. A mio avviso invece questa è una pericolosa illusione dei pacifisti e di quei governi fra cui quello francese, in sintonia con loro.
E Bush, professore, non ha forse sbagliato? Le masse islamiche non covano vendetta per la sconfitta, l'incendio non minaccia di allargarsi?
Le masse islamiche covavano risentimento verso l'occidente prima che Bush salisse al potere,volevano la morte dell'Occidente da ben prima. Benladen c'è da prima di Bush, Saddam ha gasato i curdi prima di Bush, Putin massacra i ceceni da ben prima di Bush. Bush non è la causa di tutto, e chi lo crede pratica dell'esorcismo che rivela una mentalità in qualche modo primitiva.
Non ci si può risvegliare pacifisti oggi, lei insiste, dopo aver taciuto per anni su Cecenia e Rwanda. Questo pacifismo allora è miope, o semplicemente antiamericano?
Forse un po' delle due cose assieme. Cieco verso la guerra condotta da Saddarn contro il suo popolo da oltre trent'anni: i miei amici iracheni dicono che il suo regime ha fatto 450 vittime al giorno, fate voi il conto. Ciechi verso lo sterminio in Cecenia, ciechi verso tutte le altre guerre lontane, perché il loro problema è la 'loro" pace.
Che cosa direbbe al pacifisti che ieri sono tornati in piazza?
Chiederei loro: contro cosa manifestate? Contro gli iracheni festanti perché li hanno liberati da un dittatore? Oppure in realtà contro il governo nazionale? Se è così, hanno perfettamente il diritto di farlo, ma trovo particolarmente indecente prendere a pretesto la tragedia dell'lraq per questioni di politica interna. L'opposizione antigovernativa non dovrebbe aver bisogno di pretesti pacifisti e cosmici. Ancora una volta, sentire odore di ipocrisia.