Il mondo arretra su libertà ed eguaglianza.
Intervista ad André Glucksmann a cura di Fabio Gambaro in la Repubblica 26 maggio 2004
«Il primo diritto di ogni uomo è quello di lottare contro l´inumanità della sua condizione». E´ sulla base di questa convinzione che André Glucksmann si è sempre battuto in difesa dei diritti dell´uomo. Negli anni Settanta, ad esempio, il filosofo francese, che fu uno dei rappresentanti di punta dei nouveaux philosophes, riuscì a mobilitare l´opinione pubblica internazionale in favore dei boat people vietnamiti e dei dissidenti sovietici. Da allora non ha smesso di riflettere alla questione dei diritti umani e alle modalità della loro difesa ai quattro angoli del pianeta: «La battaglia per i diritti umani», ci dice, «non può essere fondata su un´ideale astratto dell´uomo o dell´umanità. Al contrario, tale difesa deve essere motivata solo dall´esperienza di ciò che è inumano. Si può dire persino che l´universalità dei diritti dell´uomo sta soprattutto nell´universalità dell´inumano. Ecco perché i diritti non devono servire alla costruzione di un qualunque paradiso in terra, ma solo a combattere, per quanto possibile, l´inferno che ci troviamo di fronte. Non è l´idea di un bene supremo che mobilita gli uomini, ma la resistenza al male».
E´ una posizione scevra di ogni idealismo...
«Esattamente. Sono sempre stato senza illusioni e lontanissimo dall´idealismo presente nella Dichiarazione dei diritti dell´uomo, elaborata dalla rivoluzione francese nel 1789. Lo stesso vale anche per alcune delle persone che hanno condiviso le mie battaglie, come Bernard Kouchner o Michel Foucault. Quest´ultimo aveva sempre criticato ogni definizione idealistica o metafisica dell´uomo, tanto che era considerato il portavoce dell´antiumanesimo e dell´idea della morte dell´uomo. Di conseguenza, non poteva certo aderire alla concezione dei diritti dell´uomo elaborata nel XVIII e XIX secolo, la quale postulava la promozione di un ideale umano. Una simile prospettiva ci sembrava molto coloniale, non potevamo assolutamente condividerla. Inoltre, di fronte a un ideale vago, le offese e le minacce che pesano sull´uomo - vale a dire i campi di concentramento, le torture, le umiliazione e le oppressioni - ci apparivano come realtà tremendamente concrete e universali».
La crisi delle ideologie totalizzanti ha favorito questa presa di coscienza?
«Certamente. In Francia ciò è avvenuto a metà degli anni Settanta, facilitando l´attenzione per i diritti dell´uomo in un´ottica non idealistica né ideologica. La nostra era una prospettiva pragmatica che, proprio per questo, riusciva a coinvolgere personalità molto diverse. Ad esempio, alla difesa dei boat people aderirono intellettuali ideologicamente molto distanti come Raymond Aron e Jean Paul Sartre».
Il richiamo alla Dichiarazione dei diritti dell´uomo del 1789 rimase però importante?
«Certo, anche se cercammo di denunciarne le ambiguità e le ingenuità. Per noi il dato essenziale era l´idea stessa di dichiarazione. La Costituzione del 1793 fondava la necessità di dichiarare i diritti inalienabili dell´uomo sull´esperienza e sul ricordo del dispotismo che aveva preceduto la rivoluzione. Per non ricadere negli orrori del passato, si ribadiva la necessità di alcuni diritti universali come la libertà, l´eguaglianza, la sicurezza o la proprietà. Evidentemente, come è stato segnalato più volte, ognuno di questi diritti può entrare in conflitto con gli altri, creando non pochi problemi. I quali però possono essere superati nel momento in cui questi non vengono invocati in maniera astratta, ma utilizzati concretamente per opporsi alla volontà di annichilire l´uomo. Questo, per altro, è un atteggiamento che nasce ben prima della rivoluzione francese».
Può spiegarsi meglio?
«In fondo, all´origine dell´idea dei diritti dell´uomo c´è l´Europa laica nata alla fine delle guerre di religione. Accettando la pluralità dei culti, gli uomini decisero di evitare nuovi massacri e nuovi fanatismi. La famosa frase di Enrico IV, "Parigi vale bene una messa" esprime la preoccupazione di evitare il peggio. Si riconosceva un diritto per evitare che gli uomini patissero nuove violenze. In seguito, l´idea dei diritti dell´uomo è presente implicitamente anche in scrittori come Racine, Boileau o Molière, scrittori moralisti nel senso inteso da Nietzsche, vale a dire capaci di scrutare le zone oscure dell´animo umano. E la difesa dei diritti dell´uomo si fonda proprio sulla capacità di fronteggiare ciò che di più inumano c´è negli uomini».
Tra gli autori contemporanei, quali hanno contribuito alla sua riflessione?
«Ho trovato spunti interessanti in molti testi. Penso ad esempio al Viaggio in Congo di Gide o ad alcuni scritti di Sartre. Ma anche alla riflessione di Charles Péguy sulla rivoluzione russa del 1905, dove interpretava quei moti non come una lotta per il potere, ma come una lotta per essere rispettati dal potere».
E´ questo il nocciolo duro dei diritti dell´uomo?
«Sì, il nostro primo diritto è quello di combattere l´inumano e di resistere all´oppressione obbligando il potere a rispettare l´uomo. Ciò implica la difesa di alcune libertà fondamentali, che consentono il progresso democratico. L´uomo deve sempre avere la possibilità di difendere la propria dignità, pur nella coscienza che si tratta sempre di una possibilità relativa, la quale è oggi più marcata nei paesi occidentali».
Anche questi però non sempre rispettano i diritti dell´uomo, come mostra lo scandalo delle torture in Iraq...
«E´ vero, il rispetto assoluto dei diritti umani non esiste. Anche i paesi democratici a volte li calpestano. Ma una democrazia garantisce sempre a coloro che vogliono far rispettare i diritti la possibilità di esprimersi e farsi ascoltare dall´opinione pubblica. La democrazia non è una realtà perfetta, ma una realtà in cui è possibile denunciare chi viola i diritti. Oggi questa possibilità è più estesa che in passato. Negli Stati Uniti le torture vengono denunciate e ci saranno delle condanne. Durante la guerra d´Algeria, la Francia ha torturato senza problemi e mai nessun militare è stato processato. Naturalmente, poi c´è anche chi sfrutta in maniera distorta o pretestuosa il tema dei diritti dell´uomo. La Russia, ad esempio, vuole fare condannare le atrocità commesse dagli americani nelle prigioni irachene, ma contemporaneamente rifiuta ogni ingerenza in Cecenia, dove le torture sono una pratica ricorrente da almeno dieci anni».