Riportiamo l'intervista di André Glucksmann sull'immagine di Saddam Hussein dopo il suo arresto, pubblicata sul Foglio di mercoledì 24 dicembre '03.
Parigi. “Chi, in Italia, non si è scandalizzato per la fine di Mussolini e l’esposizione del suo corpo a Piazzale Loreto non dovrebbe preoccuparsi troppo per le visite dentistiche di Saddam Hussein. Anche perché i crimini di Saddam sono infinitamente più terribili di quelli di Mussolini. Chi compiange Saddam Hussein e non ha un solo pensiero per le sue vittime, trasforma il boia in vittima. E’ il metodo che consente di dare una mano di bianco a ogni crimine contro l’umanità”. Il filosofo francese André Glucksmann non nasconde al Foglio il suo stupore per le prese di posizione di personaggi come il cardinal Raffaele Martino e Barbara Spinelli, editorialista della Stampa. Entrambi si sono proclamati offesi dall’uso delle immagini di Saddam dopo la cattura. “Trattato come una vacca cui si controllano i denti”, lo ha compianto Martino. “Umanità imbestialita dai modi dell’arresto e della successiva spettacolarizzazione”, “indicibile violenza”, ha tuonato la Spinelli. “La prima cosa da dire è che il violento è Saddam Hussein”, replica Glucksmann, “e che la sua cattura rappresenta una tripla vittoria dei diritti dell’uomo in Iraq. E’ una vittoria dell’uomo iracheno, prima di tutto. E’ una vittoria della pace, perché Saddam era comunque un pericolo, come dimostra la crudeltà verso il suo stesso popolo e verso i popoli vicini. Il terzo motivo di soddisfazione è che siamo entrati finalmente in un’era in cui i tiranni possono sempre meno contare sulla speranza di finire i loro giorni nel loro letto, nei loro palazzi. Grazie alla coalizione che ha condotto la guerra in Iraq, il nostro mondo tenta di rompere con il regime d’impunità accordato, nell’ultimo secolo, a Ubu e a tutti i suoi emuli”. Era certamente necessario mostrare al mondo il dittatore sanguinario ridotto all’impotenza, sia per rassicurare chi temeva la possibilità di un suo ritorno che per dissuadere i suoi sostenitori. Ecco perché tutte le discussioni su come e se farlo, secondo Glucksmann “denunciano una grande ipocrisia. Chi protesta dimentica di dire che non c’era altro modo di prenderlo che non fosse l’azione militare. Certo, immortalarlo con un cappello elegante e con la barba fatta sarebbe stato più gentile, ma un prigioniero è sempre un prigioniero, e una foto antropometrica è comunque una foto antropometrica. Fino a nuovo ordine, fotografare o riprendere prigionieri non è un crimine contro l’umanità. Come non lo è riprendere qualcuno dal dentista. Non so poi come immaginare la perfetta e rispettosa immagine, quella in grado di rassicurare tutti coloro che sembrano più colpiti dal modo in cui Saddam Hussein è stato ritratto che dai suoi crimini. La prima cosa che mi viene da rispondere a chi s’inalbera per quelle immagini è che la loro commozione è assai mal riposta. Negli stessi giorni della cattura di Saddam, in Ruanda è successo che degli hutu, già condannati per aver commesso atti di genocidio, hanno crocifisso, cioè hanno inchiodato come Cristo a una croce, alcuni sopravvissuti tutsi. Gli hutu erano da poco usciti di galera, su pressione della comunità internazionale”. Le fosse comuni? Non ricordo La vicenda dell’indignazione per le immagini di Saddam conferma Glucksmann nella sua idea che “i progressisti arabi siano assai meno bloccati e rigidi dei loro omologhi europei”, in sintonia col fatto che “le piazze europee si sono agitate molto più di quelle arabe contro la Casa Bianca”. Anche chi usa l’argomento del caos che tuttora imperverserebbe in Iraq, secondo Glucksmann ha la memoria corta: “Hanno già dimenticato le fosse comuni viste in televisione, di cui ogni giorno di più scopriamo il numero impressionante? Hanno dimenticato le innumerevoli sparizioni, deportazioni, mutilazioni e torture? C’è chi ancora vuole sostenere che Saddam fosse il male minore per il suo popolo. E’ falso. Saddam Hussein è stato, per l’Iraq, la più grande delle catastrofi”. Secondo Glucksmann è innegabile un rischio di revanscismo sunnita, “ma dobbiamo impegnarci a prevenirlo. E va registrato con soddisfazione, a questo proposito, il comportamento incoraggiante degli sciiti, che controllano la loro collera e non si abbandonano a vendette ed epurazioni”. Ma aggiunge: “Una volta dissipata la gioia per la cattura di Saddam Hussein, ho paura che una parte dell’Europa soccomberà di nuovo al suo demone favorito: cogliere in fallo gli Stati Uniti, in nome del sacrosanto principio di sovranità. Ma il diritto d’ingerenza in nome dei diritti umani, se è un peccato capitale agli occhi dei cultori della sovranità alla Carl Schmitt, è un dovere ineludibile secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.