Un grande filosofo giudica il nostro paese.
Prima il no al mandato di cattura europeo. Poi una politica estera per fare affari. Dopo l' 11 settembre.
Di Andre' Glucksmann.
Da L'Espresso del 7 febbraio 2002.
Per Gentile concessione della Redazione.
L'Italia e' il paese piu' simpaticamente paradossale del pianeta.
Immancabilmente, quando la sua popolazione, di qualsiasi estrazione sociale, dice sì, l’élite politica, dice no. Oggi l’italiano comune merita il primo premio per l’integrazione europea, dal punto di vista del dinamismo economico come da quello dell’apertura culturale, della tolleranza, dell’eleganza e della cortesia. Da tutta Europa si viene a Roma, Napoli e Firenze, come un tempo, per apprezzare indispensabili lezioni di saper vivere. Di contro, l’italiano “impegnato”, dall’estrema destra all’estrema sinistra, sembra incredibilmente sfasato, fuori rotta, come se vi fosse una sorta di contraddizione.
Come filosofo, ho reagito con entusiasmo quando è iniziata l’operazione Mani pulite. L’italia ha indicato la via della correttezza dopo i manicheismi della Guerra Fredda e tutte le altre democrazie europee hanno seguito più o meno l’esempio dei suoi giudici esaminando con maggiore attenzione gli “affari” e i compromessi dei politici. La contraddizione cui ho accennato aveva un aspetto trionfante. Far pulizia era necessario, di vitale importanza.
Il Giappone, dove non vi è stata un’operazione come Mani pulite,
ha subìto conseguenze non solo morali, ma anche economiche molto gravi.
Ma per quanto pensassi che si trattasse di una cosa necessaria,
la fiducia nell’operazione dipendeva dall’azione dei giudici, i quali non sono infallibili.Oggi, tenuto conto dell’estrema globalizzazione dei circuiti finanziari, del ruolo internazionale assunto dalle organizzazioni mafiose, soprattutto di quelle russe e dei “petrodollari sospetti”, per combattere le reti che alimentano il terrorismo ci vorrebbe un’operazione Mani pulite senza frontiere, estesa su scala planetaria. L’Italia ha mostrato l’esempio al resto dell’Europa e del mondo, ma sembra ignorarlo. Mani pulite deve uscire dal suo provincialismo italico.
Sempre la stessa contraddizione. Quando, tra il frastuono delle Torri Gemelle squarciate, gli antiglobal di tutti i paesi mettono il silenziatore al loro antiamericanismo assoluto,
solo i militanti italiani osano sfilare senza complessi, in parecchie centinaia di migliaia, contro i bombardamenti americani sull’Afghanistan. E quando, per le esigenze della lotta contro Al Qaeda, a Bruxelles si decide finalmente di introdurre un mandato di cattura europeo per facilitare la collaborazione di giudici e inquirenti su scala comunitaria, solo il governo italiano frena bruscamente. Come se, per le teste pensanti della penisola, l’11 settembre non fosse accaduto niente.
Primato dell’economia, annuncia Silvio Berlusconi autoassegnandosi il ministero degli Esteri, la cui preoccupazione principale sarà ormai quella di promuovere le imprese italiane sul mercato
mondiale. Rispondendo così, con dieci anni di ritardo, al leitmotiv della "fine della storia", ovvero dei conflitti e delle tragedie.
Alla luce degli eventi dell’11 settembre, persino Fukuyama, colpevole di questo delirio, deve moderare l’euforia di questa visione idilliaca e riconoscere che i pericoli - dell’integralismo islamico
o di altra natura - non svaniscono automaticamente con l’estensione e l’intensificazione degli scambi internazionali.
Aerei di linea vengono trasformati in mezzi di distruzione di massa?
Crollano grattacieli che seppelliscono sotto le loro macerie quasi 4 mila persone? Una buona metà della popolazione mondiale applaude, non solo nei paesi arabi, ma anche in Sudamerica e in Cina, e persino nelle periferie delle nostre città e non soltanto tra i musulmani. È il problema dei problemi, per l’intero secolo che è iniziato. Salvo per la diplomazia italiana, tutta presa ormai dagli affari.
Ma non crediate che gli antiberlusconiani siano più avveduti.
Proponendo la Tobin-tax come magico rimedio ai mali del mondo, sono vittime di un’analoga illusione? Mettendo anch’essi l’economia al primo posto, credono che basti applicare le loro ricette per assicurare la pace urbi et orbi. Come se il petromiliardario Bin Laden fosse il rappresentante dei figli della miseria, o l’esercito russo che massacra la popolazione civile in Cecenia non fosse incoraggiato dal silenzio degli antiglobal e finanziato dai crediti concessi a Mosca da Bruxelles.
Questa è la vera corruzione, quella del cuore e della mente, madre di tutte le altre, che favorisce tutti i maneggi, le prevaricazioni e i riciclaggi di denaro sporco. L’Europa è un gigante economico, ma un nano politico. A sud del Mediterraneo come a est della Polonia si profila la minaccia di un caos che essa occulta con cura.
Di fronte a questi pericoli, il nostro disimpegno è generale,
e la classe politica italiana ha soltanto il merito di metterlo in evidenza senza infingimenti, gettando la maschera.
Traduzione di Mario Baccianini.