Saturday, November 25, 2006

La minaccia della barbarie nichilista.

Siamo di fronte a una insicurezza planetaria senza precedenti. Ogni mattina alla vigilia della fine dei tempi

Il terrorismo mette in atto una tattica politica e razionale di conquista e conservazione del potere

Pubblichiamo la prefazione all'edizione italiana di "Dostoevskii a Manhattan", l'ultimo' libro di André Glucksman che prende le mosse dall'attacco alle Twin Towers (Liberal libri, traduzione di Pietro Del Re e Nicoletta Tiliacos, pagg. 255, euro 16,50) in libreria l'11 settembre.

E' già passato un anno. Le rovine di Ground Zero sono state spianate ma ancora ci attanagliano, oscure e inquietanti, le conseguenze morali e psicologiche del più grande attentato terroristico di tutti i tempi. «Il nostro avvenire è nelle nostre mani», dichiarò n presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, nel dare l'annuncio di Hiroshima. Pubblica opinione e intellettuali gli fecero coro: «eccoci tornati all'anno Mille, ogni giorno potrà essere la vigilia della Fine dei tempi» (J. P. Sartre). Tutti mortali, tutti nella stessa barca, ognuno responsabile della sopravvivenza. Tutto questo sarà ben presto dimenticato. Nel corso di quasi cinquant'anni la sorte del mondo è stata nelle mani dei governanti delle poche potenze nucleari. Il futuro della specie si è giocato a porte chiuse, nella stretta cerchia dei grandi e dei supergrandi, mentre cinque miliardi di terrestri si dedicavano ai fatti propri. Il fragore di Manhattan, l'l1 settembre del 2001, cambia tutto. Scopriamo che basta qualche taglierino, un briciolo di follia e un capitale modesto (Il prezzo di sei stanze a Roma o a Parigi, secondo l'Fbi) per ripetere l'operazione. Il destino del pianeta è alla portata di tutte le mani e di numerose borse: basta che un aereo sia dirottato su una centrale nucleare ed ecco che, boccone dopo boccone, l'umanità si autodivora.

Manhattan mette in mostra una Hiroshima bis con un potere di annientamento radicalmente democratizzato. L'arma assoluta non è più saggiamente riposta nei silos che si presume siano controllati da potenti pseudo-controllabili. Anche il nostro vicino di pianerottolo potrebbe ormai rimuginare un'imprevedibile operazione suicida che ci lascerebbe basiti, come quegli studenti di Amburgo dopo aver saputo che uno dei loro compagni si era deliberatamente schiantato contro le Twin Towers.

Questa insicurezza planetaria è senza precedenti. A sottolinearne la portata è una breve frase di George Bush, nel famoso discorso sullo Stato dell'Unione in cui egli ha vituperato l"'asse del male". Quasi inavvertite dai critici come dai sostenitori, quelle poche parole ammettono ciò che nessun presidente degli Stati Uniti ha mai osato dire né concepire: «time is not on our side», il tempo non lavora per noi. Fino a quel giorno gli americani camminavano nella storia «with God on our side», come cantava (ironicamente), Bob Dylan. Fine. E finita, come riconosce un Numero Uno, perfettamente impermeabile alle sirene dei sorrisi di contestazione. I bambini nelle scuole potranno anche intonare «Godbless America» e il dollaro continuare a far riferimento all'Essere Supremo e ad averne rispetto, ma niente da fare: la Provvidenza divina, tecnologica o finanziaria non garantiscono più, contro tutto e tutti, il cammino dell'America e del pianeta verso la felicità: ogni mattina saremo alla vigilia della fine dei tempi.

Un così grande scuotimento delle certezze secolari suscita reazioni di panico e tentativi disperati per tamponare l'angoscia e sfuggire alla realtà.

Primo delirio di negazione: quello degli antiamericani che spiegano dottamente che «l'Impero» è stato punito per i suoi peccati d'orgoglio, che non può prendersela che con se stesso, che i semplici cittadini, lavoratori-lavoratrici, non hanno niente da temere da qualcosa che non li riguarda.

Un secondo delirio, stavolta antimusulmano, condanna in blocco un miliardo e trecento milioni di persone che non hanno beneficiato della rivelazione giudaico-cristiana, come se l'integralismo islamico non attaccasse prima di tutto i musulmani, e lo provano l'Afghanistan e l'Algeria. Ci si dimentica del fatto che Al Qaeda mobilita i figli di buona famiglia reclutati negli strati più occidentalizzati dell'Arabia e dell'Egitto. Bin Laden imbroglia, Oriana Fallaci e Samuel Huntington si sbagliano quando evocano un conflitto di civiltà o una guerra di religione. Il terrorismo integralista non è un arcaismo ereditato da un passato remoto. Gli angeli sterminatori sorgono a livello planetario dalla faccia oscura, massacratrice e nauseabonda della nostra ipermodernità. Il "fratello" islamico pronto a sacrificare gli altri e se stesso è il gemello dell"uomo d'acciaio" bolscevico, una riedizione dell"'eroe" fascista che proclama «viva la morte!».

Terzo delirio, quello degli statisti sradicatori che coltivano l'ingenuità di credere che il terrorismo sia appannaggio esclusivo degli irregolari senza Stato. Significa dimenticare quello che è successo appena ieri, il nostro passato prossimo, il sanguinoso Ventesimo secolo, le sue ideologie devastatrici, i suoi stati terroristi. Significa non accettare la realtà, le terre bruciate, gli stermini, basta guardare il palmarès delle armate russe in Cecenia. Significa non tenere conto che il terrorismo, lungi dal limitarsi a pulsioni maniacali, mette in atto una tattica politica e razionale di conquistai conservazione del potere. L'intenzione di Bin Laden è di comandare in Arabia Saudita e in Pakistan; con o senza Allah, egli apre la strada a molti principi post-moderni che si credono più furbi di lui.

Bisognava attendere il luglio 2002 perché Amnesty International, di solito così attenta in materia di diritti violati, definisse le bombe umane palestinesi come criminali contro l'umanità. Lo stesso ritardo (che vale quanto non aver trattato come tali a suo tempo gli assassini algerini del Gia) prova fino a che punto i paraocchi ideologici rischino di lasciarci senza voce né reazione di fronte al contagio galoppante e senza frontiere della barbarie nichilista. La storia contemporanea ci mette a confronto con uno sciame di estremismi terroristi religiosi, etnici, nazionali, non riducibili gli uni agli altri ma coniugabili e complementari. Facciamoci la domanda di Socrate: quale orizzonte comune, quale forma comune (idea, eidos) unifica questa molteplicità di massacratori? La mia risposta è: il nichilismo, presente in tutte le grandi ideologie distruttrici (nazismo, comunismo, islamismo) ma da nessuna interamente riassunto. L'assioma del «tutto è permesso» governa altrettanto bene il colonnellodell'Fsb (ex Kgb) che dichiara «get what you want» o l'Emiro del Gia che rapisce, violenta e uccide le ragazze dopo averle usate. Il nichilista commette tanto più facilmente il male in nome di un Dio che tutto consente in suo nome o di un'assenza di dio che vale a sua volta come licenza assoluta - se suppone che il male non esiste. Mi sia consentito di mettere la versione italiana di questo libro e la rivoluzione concettuale che esso propone sotto l'egida di Machiavelli, senza concessioni alle anime belle che chiudono gli occhi di fronte alla crudeltà e sussurrano che è maledire male del male («egli è male dir male del male», Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, L. III).